Social Marketing

Social Marketing: se non puoi sconfiggere il nemico, fattelo amico!

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SOCIAL MARKETING: SE NON PUOI SCONFIGGERE IL NEMICO, FATTELO AMICO!

FOCUS: nel web 2.0 è meglio farsi amico il nemico ovvero il modo migliore di gestire il proprio marchio e i propri prodotti.

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La storia si ripete perché la maggior parte delle persone non fa tesoro di ciò che è già accaduto.

Negli anni ’50 del Novecento (oddio quanto mi sento vecchio quando scrivo “del Novecento”) in America, ma non solo, diventava sempre più di moda il jukebox. Se per qualche strana ragione non sapete cosa sia un jukebox, sappiate che era un apparecchio che potevate trovare in bar o altri luoghi pubblici, in cui inserivate una moneta e dopo aver premuto un tasto, veniva caricato meccanicamente il disco (45 giri) del vostro brano preferito.

Una macchina davvero affascinante!

I “nativi digitali” non hanno idea di cosa sia un jukebox, ma io che sono del 1972 ancora me lo ricordo, addirittura ne ho visto qualcuno quand’ero piccolo. Quelli più o meno della mia età ricorderanno la mitica serie di Happy Days dove l’altrettanto mitico Fonzie lo avviava con un pugno; per questi nostalgici ecco un video, intorno al secondo minuto c’è Fonzie che attiva il jukebox con il suo pugno magico:

httpv://www.youtube.com/watch?v=3NxGO2lx-A0

Cosa c’entra tutto ciò con il tema di questo sito? Ho aperto l’articolo con la frase la storia si ripete perché la maggior parte delle persone non fa tesoro di ciò che è già accaduto, infatti perché proprio in quegli anni una grossa major musicale intimò al  più grosso produttore di jukebox di non utilizzare i suoi dischi nei jukebox. Il motivo? Perché mai la gente doveva ascoltare i suoi musicisti spendendo solo un quarto di dollaro?

Ecco più o meno come sono andate le cose tra il tizio dalla major ed il tale dei jukebox:

Tizio: ehi! Dovete smettere di distribuire i nostri dischi nei vostri jukebox del cax!
Tale: ma se noi togliamo i vostri dischi, le persone come possono ascoltare le vostre canzoni?
Tizio: mai sentito parlare dei dischi? Ecco, scendono e se li comprano al prezzo giusto; altro che quarto di dollaro!
Tale: non per essere scortesi, ma avete pensato che è improbabile che qualcuno si porti il disco e lo stereo al bar? (*)
Tizio: non c’importa! I disci sono i nostri e non vogliamo darveli.
Tale: ma chi non conosce quelle canzoni, potrebbe ascoltarle al bar e poi decidere di andare a comprare il disco.
Tizio: non c’importa! I disci sono i nostri e non vogliamo darveli!

(*) ricordate che negli anni ’50 non esisteva ancora il walkman con le cassette, figuriamoci gli mp3!

Noi, che viviamo nel futuro degli anni ’50 possiamo dirlo: la major ha sbagliato di grosso, ha adottato una strategia perdente. Il fatto è che l’atteggiamento ”Il pallone è mio e ci gioco io” è perdente e lo è ancora di più nel nuovo mondo dei social media. Se state pensando che Massimo Petrucci stia dicendo una cosa scontata, sappiate negli anni 2000 è successa proprio la stessa cosa e sta accadendo ancora.

Quando Youtube è diventato il secondo motore di ricerca più usato al mondo, era il 2008, si è andato sempre più affermando la moda di pubblicare video di canzoni e poi incorporarli nei propri blog.

In quel periodo la Viacom (Viacom è un conglomerato di media statunitense, con vari interessi in tutto il mondo nei canali televisivi satellitari e via cavo (MTV Networks, Nickelodeon e BET), e nella produzione e distribuzione di pellicole (Paramount Pictures e DreamWorks Movie Studios) – fonte wikipediaha speso miliardi di dollari per fare causa a Youtube, costringendola a rimuovere i video accusati di violazione del copyright. Questo almeno fu l’atteggiamento iniziale. Tuttavia i video da bloccare diventavano sempre di più, così come aumentava il numero di cause in tribunale. La soluzione arrivò quando Youtube propose una soluzione che poteva accontentare tutti.

Avete visto che spesso (sempre più spesso) i video mostrano delle pubblicità? Oggi sono delle scelte mirate, ma molti di essi sono il risultato della nuova politica adottata da Youtube: quando un video viola un copyright, il detentore dei diritti ha due possibilità:
1) rimuovere il contenuto;
2) lasciare il video, permettere a Youtube d’inserire la pubblicità, e dividersi i guadagni.

Come dire? Se non puoi sconfigge il tuo nemico, fattelo amico.

Avrete anche notato che spesso, guardando un video con musica, Youtube mostra il titolo della canzone e visualizza un link per l’acquisto del brano. È un’altra strategia a vantaggio di chi detiene il copyright:invece di scegliere la via di una battaglia legale, troviamo un punto d’incontro. E non è meglio per tutti? Youtube si arricchisce di contenuti (e non solo), il detentore dei diritti ci guadagna e l’utente è felice che il suo video non venga rimosso.

I social media migliorano il mondo.

È un po’ quello che è accaduto con la musica quando le cause legali nascevano ovunque più velocemente della muffa, poi arrivò iTunes e mise tutti d’accordo, e qualche battagliera azienda musicale, testarda e gestita da dinosauri, si è estinta o ha perso miliardi di dollari.

Non sono solo le aziende che hanno a che fare con la musica trovarsi nel ciclone dei cambiamenti ed a non capire come prendere il vento per il verso giusto. È ciò che è accaduto allaAssociated Press (AP) che raggruppa diversi editori nel campo delle news. L’AP, come diverse altre testate giornalistiche, quando vide i propri articoli apparire in Google News, intimò Google di rimuovere gli stessi dal suo archivio di notizie.

Non vi torna in mente la storia dei jukebox degli anni ’50? Allora ho ragione quando dico che la storia si ripete perché le persone non imparano dal passato?

Il fatto è che tu puoi pensare di tenere il pallone solo per te se non ce ne sono altri in giro, in caso contrario le partitelle si continueranno a fare con o senza di te. Ed è proprio quello che accade in Internet ed in particolare nei social network: se il tuo prodotto/servizio non è l’unico e non è insostituibile, ebbene che tu sposi la causa del social piuttosto che farne una guerra.

Le aziende della musica e dell’editoria devono comprendere che il social media è una nuova possibilità di guadagno e non un mostro da combattere a colpi di cause in tribunale. Le aziende che lo stanno capendo stanno mettendo in campo un nuovo modo di fare business, qualcosa che assomiglia sempre più al social business.

È vero che prima un singolo (disco, CD)  poteva costare anche 10 euro, mentre oggi vale poco meno di 1 euro, ma c’è da dire che non esistono costi di materie prime e di distribuzione, né speco di denaro in stampa di copertine, custodie in plastica, benzina nei trasporti ed altro. E’ anche una scelta ecologica oltre che vantaggiosa per il produttore. Oggi come oggi il social permette di favorire il produttore ed il consumatore, eliminando la catena degli intermediari.

Ecco un esempio: l’editoria. Il romanzo d’amore “Stringimi le mani” costa al pubblico 15 euro. Immaginiamo che il costo di produzione di ogni copia sia di 2 euro. Al distributore va il 50%, all’autore il 5%, facendo due conti si ha che:

  • Prezzo 15 euro
  • Autore: 0,75 euro
  • Distributore: 7
  • Stampa: 2 euro

Alla casa editrice restano: 15-2-7-0,75 = 5,25 euro e non stiamo parlando di promozione, costi di trasporto, inquinamento ed altro.

Quello stesso libro potrebbe costare al pubblico 8 euro in versione digitale. Non ci sarebbero costi di trasporto, di distribuzione, d’inquinamento, di consumo di carta e molto altro.

La casa editrice guadagnerebbe quasi il 35% in più ed il lettore risparmierebbe il 46%!

Ho scritto alla mia casa editrice proponendo di vendere il romanzo in versione digitale, ma non ho avuto risposta. Spero che non si estingua inseguendo un ideale che nel web 2.0 non ha più ragione di esistere. Il fatto inquietante è che molte grandi aziende, pur di tenere il punto, non capiscono che stanno uscendo completamente fuori dai giochi, come il tizio del pallone che dice che il pallone è il suo e vuole decidere lui le regole del gioco, finché non arriva un altro con un pallone tutto nuovo e la partitella riprende.

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